19.11.2021 Riccardo Spatolisano

Riccardo Spatolisano: X.E4 - Parte 1

Riccardo Spatolisano

Mattatore d’orizzonti, caratterizzato dal continuo approfondimento tecnico e stilistico in ambito fotografico. Il wedding è il suo punto d’inizio, declinatosi con gli anni nelle altre forme che i sentimenti possono assumere nella vita.
Ciò che è nato come studio all’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata a Roma, è divenuto negli anni un vero e proprio “sentimento lavorativo”: la passione non solo per l’immagine, ma anche per la cultura estetica che ne deriva.
Cattura gli eventi fondamentali della vita di chiunque – quelli da vivere e rivivere, per intenderci: quelli durante i quali vorremmo tutti poter premere il tasto Pausa – e li restituisce ai protagonisti convertendoli in forma e colore. Ha una passione inesauribile per il linguaggio visivo, l’approfondimento stilistico e le sue infinite potenzialità.
La sua esperienza, maturata in una forte contaminazione di ambiti differenti, l’ha portato a voler fondere competenze diverse per creare una cultura consapevole dell’immagine.
Il suo nome è Riccardo Spatolisano, è papà di Tommaso e marito della bella e insostituibile Alessandra.
Il suo percorso di crescita l’ha visto assistente di Angelo Cricchi (mentore di conoscenza) dal 2003 al 2005, freelance per gli anni successivi. Tra corsi di formazione in tutto il mondo, ha collaborato con numerosi fotografi.
All’inizio del 2013 Riccardo ha deciso di costruire progetti che vestissero la sua identità. Oggi Riccardo Spatolisano Photography, WHITEiNK, WHITEoff, sono il frutto di questa ricerca in continua evoluzione

Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito delle sue onde.
(Charles Baudelaire)

Figlia di un travaglio interiore dove il “less is more” è quasi diventato un’ossessione, tutto trova inizio nella percezione; fulcro cardine dei miei ultimi anni.
La percezione è l’anello che collega il nostro io al resto del mondo e rappresenta un canale di collegamento diretto tra il nostro mondo interiore e la realtà circostante.
Ecco perché, a mio avviso, spesso la fotografia nel suo senso più generale è così discutibile e soggettiva.
Anche le verità più solide possono essere sempre interpretate e messe in discussione.
D’altro canto, c’è chi dice che più conosciamo la realtà, più questa ci appare misteriosa.
Ognuno di noi ha vissuto questi ultimi due anni in maniera del tutto soggettiva.
La pandemia ha spezzato un flusso, una continuità degli eventi e questo ha fatto tremare il mondo.
Ha dato una scossa al torpore in cui stavamo vivendo oramai da tempo. Un tempo sospeso tra passato e futuro.
Ci è stato restituito il tempo di riflettere sul qui e l’ora delle nostre esperienze.
Un modo sicuramente cruento di portarci a rivivere il presente come dono dell’istante vissuto.
Il passato insegna che spesso nei momenti di crisi mondiale accade qualcosa di bello ed inaspettato. È necessario però rieducare la nostra anima a questo nuovo equilibrio.
È proprio dallo stupore e dalla meraviglia di questa nuova quotidianità che proviamo per il mondo intorno a noi, che possiamo prendere spunto per vedere con occhi nuovi la sorprendente bellezza dell’universo.
La percezione ci mostra anche un’altra bellezza, più profonda, rivelata solo dalla comprensione: cosa è veramente essenziale per la nostra vita.
Quindi la percezione può modificare profondamente il modo in cui decidiamo di passare il nostro tempo in questa vita.
Questa doverosa introduzione apre la via al motivo che mi porta a scrivere questi pensieri.
Oltre a svolgere la professione di fotografo, mi occupo di condurre imbarcazioni in giro per il Mediterraneo e molto spesso mi ritrovo in totale solitudine o, per meglio dire, immerso letteralmente nel nulla.
Dove il nulla è tutto.

Questo mi permette di passare molto tempo a riflettere e a vivere il mare e la natura in modo profondo.
“Tutto” questo nulla ha cominciato a prendere il posto di “tutto” quel rumore di fondo che mi ha sempre riempito la mente.
Ho sempre preferito l’aperitivo al pasto, il corteggiamento alla storia d’amore, la vigilia alla festa, perché è nell’attesa di ogni evento piacevole che si annidano l’entusiasmo, la curiosità e l’eccitazione. Sta proprio lì tutta la magia.
In questa rinnovata visione ho invece iniziato ad apprezzare il dopo, il cosa rimane, il tra le righe e quello che non è così scontato vedere.
Come spesso è accaduto negli ultimi anni, ho avuto modo di provare nuove attrezzature fotografiche qualche mese dopo il loro lancio.
Un po’ come passare dal colpo di fulmine alla quotidianità. Terminata l’eccitazione del “brand new”, dell’amore a prima vista, il cosa resta alla fine è l’obiettivo che mi pongo quando, finita la sfiammata, mi ritrovo a frugare tra le ceneri.
Il campo di prova in questa occasione è stato, chiaramente, il mare.

Nei vari viaggi di quest’anno ho avuto con me la recente X-E4, ultima nata in casa Fujifilm nel comparto Serie X, insieme al nuovo super leggero XF27mm F2.8 R WR e il luminosissimo XF18mm F1.4 R LM WR.

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Allo stesso tempo ho potuto provare a caldo 2 binocoli Fujinon 12×28 e 16×28, di cui parleremo prossimamente.

Passo la maggior parte del mio tempo in giro per il mondo e quale migliore occasione di provare una macchina fotografica pensata (in gran parte) per il viaggio, se non quella di infilarla in tasca (borsa) e vedere cosa succede?!

Premetto che non farò un’analisi tecnica… in rete se ne trovano già tante, anche molto dettagliate; mi piaceva invece l’idea di capire come un mezzo sia in grado di conquistare o meno il suo utilizzatore.
È la prima volta che mi imbatto nella versione E della serie X, non per mancanza di fiducia, ma semplicemente per necessità.
Ho iniziato il mio percorso in casa Fujifilm con la prima nata della Serie X100 al suo esordio in ambito Mirrorless APS-C, oramai molti anni fa, passando poi alla serie X-T per le sue peculiarità ergonomiche che mi aiutavano molto in ambito professionale, essendo io nativo analogico.
Avere tutti i controlli principali a portata di mano, non dovendo passare per forza da tendine di menù, hanno fatto sì che la serie X-T restasse la mia preferita nell’utilizzo lavorativo quotidiano.
Ho quindi diviso il mio tempo tra X-T, per la parte più professionale, e la Serie X100 per ricerca, scouting e per piacere nel tempo libero.
Della Serie X-T ho subito amato la completezza e la versatilità in un corpo capace di evolversi a seconda dei momenti, grazie all’intercambiabilità delle fantastiche lenti presenti nel comparto Fujifilm e alla sua forma che ricorda in parte le intramontabili reflex.
La Serie X100 invece ha catturato la mia attenzione perché è riuscita a fondere in un unico mezzo dimensioni, maneggevolezza e qualità.
Con grande piacere in tempi recenti, ha dato un valore aggiunto alla mia visione la nascita del largo formato, dalla GFX50S (come ho spiegato lungamente qui) all’ammiraglia GFX100S.
Detto questo si può comprendere facilmente che non ho mai avuto l’oggettiva necessità di utilizzare un mezzo differente.
Credo che ognuna delle versioni della Serie X sia nata con una specifica idea, al di là delle caratteristiche che le accomunano come qualità, versatilità e leggerezza in un corpo completo e compatto,
Se le osserviamo un attimo vediamo: in X100, portabilità senza compromessi; in X-Pro, l’evoluzione della X100 per chi desidera una maggiore versatilità; in X-T, tutto a portata di mano, un “trattore” instancabile durante le lunghe giornate di lavoro; infine X-E, un ibrido che nelle sue trasformazioni ha sempre cercato il suo cliente perfetto!
Infatti i modelli X-E hanno avuto fin dai loro esordi un ruolo inclusivo e trasversale.
Se in qualche modo negli anni si è cercato di dare ulteriore valore nello sviluppo dei vari modelli, questa volta l’ingegneria Fujifilm ha deciso di invertire la rotta dove il “less is more”.
Ovviamente quando devi riguardare il tuo lavoro e capire di cosa puoi fare realmente a meno, gran parte della fatica è giudicare i propri scatti e, quando pensi di eliminare, devi fare scelte coraggiose.
Apro una parentesi.

Non ho mai capito perché le persone fanno così fatica a cancellare, tagliare, eliminare. Forse in questi gesti spesso si nasconde il senso del non poter tornare indietro. In fondo la vita non ci insegna proprio questo? Il tempo è a senso unico, probabilmente è un modo inconscio di non accettare il tempo che passa…

Tornando a noi, se dovessi pensare ad un aggettivo per questa macchina direi quindi “coraggiosa”.
In un momento dove hai abituato i tuoi clienti ad avere sempre di più, togliere è sicuramente una scelta coraggiosa.
In questa versione, infatti, si è lavorato sul design e su alcune funzionalità rispetto a ghiere e pulsanti.
Giusto appunto l’estetica è uno dei punti caldi di questo cambiamento, al contrario della qualità che è stata nuovamente riconfermata riportando in questo modello tutti i traguardi raggiunti in 10 anni di sviluppi di sensori e processori.
Questo ha chiaramente richiesto anche qualche scelta a livello di operatività… ma lo scopriremo nella prossima parte di questo viaggio al centro di X-E4.