25.04.2020 Luca Locatelli

Be Creative: Luca Locatelli x Pesonal Best

Luca Locatelli

Luca Locatelli è un fotografo e visual storyteller.
La sua ricerca si concentra sulle interazioni tra cultura, scienza e ambiente e in particolare modo
sui processi tecnologici e industriali promettenti e sostenibili per il pianeta.
Luca lavora a stretto contatto con scienziati, giornalisti, ricercatori e specialisti internazionali in
modo tale da contestualizzare e arricchire la sua ricerca visiva. Luca è un fotografo National
Geographic Magazine e collabora spesso con testate internazionali quali New York Times
Magazine, Time, The New Yorker, Bloomberg Businessweek, Wired, Smithsonian, Stern, Geo
France, Geo Germany, Sunday Times Magazine, D di Repubblica e molte altre.
Negli anni i suoi lavori sono stati esposti in tutto il mondo e riconosciuti da premi internazionali
quali Aftermath Grant nel 2014, Nannen Prize 2017, World Press Photo Award 2018 – categoria
Ambiente e World Photography Organization 2018 – categoria Landscape.

The End of Trash – circular economy solutions

Luca Locatelli per National Geographic

Siamo di fronte a una produzione e ad un’estrazione di materie prime senza precedenti. Nella nostra corsa all’espansione per incrementare, alimentare e soddisfare le esigenze di quasi 8 miliardi di persone, nel 2018 sono stati movimentati 92,8 miliardi di tonnellate di merci.

Il grosso problema è ciò che succede a tutta questa merce dopo, una volta soddisfatte le nostre esigenze. I rifiuti sono la vera madre di tutti i problemi ambientali, in effetti. 

Siamo in un periodo di transizione, in cui il mondo si sta risvegliando dalla necessità di trovare soluzioni per vivere in modo sostenibile sul nostro pianeta, e dove tutti si stanno rendendo conto che questo modello di economia lineare non è solo insostenibile per l’ambiente ma lo è per l’economia e le persone stesse.

Nel 2018 circa due terzi del materiale che abbiamo estratto dal nostro pianeta ci sono sfuggiti di mano.

Più di 60 miliardi di tonnellate di materiale sono andati persi, la maggior parte di essi è semplicemente sparpagliata e dispersa irrimediabilmente. La spazzatura di plastica si riversa nei fiumi e negli oceani; così anche nitrati e fosfati di campi troppo fertilizzati favoriscono la lisciviazione nelle falde acquifere. Un terzo di tutti gli alimenti marcisce, proprio mentre l’Amazzonia viene disboscata per produrre di più.

Pensa ad un qualsiasi problema ambientale, è probabile che sia collegato a una qualche forma di rifiuto.

È sempre più evidente che la nostra sopravvivenza è strettamente legata alla ricerca di soluzioni che non solo possano ridurre al minimo il nostro impatto sulla Terra, ma che possano consentirci di mantenere (e in alcuni casi raggiungere) una buona qualità della vita, i nostri posti di lavoro e la nostra struttura sociale.

Per sopravvivere su questa Terra, dobbiamo fare solo una cosa: smettere di buttare via e sprecare così tanto.

Di tutto ciò che utilizziamo, solo 8,4 gigaton rientrano effettivamente nel circuito di riciclaggio o di recupero. Tutto il resto è buttato, sprecato, perso.

Lo sviluppo dell’economia circolare mira a piegare il modo in cui facciamo le cose, in armonia con i cicli del pianeta. È un insieme di strategie, alcune già note, come il riciclo, il recupero, e altre nuove, come l’economia della condivisione e la rigenerazione, tutti servizi rivolti all’eliminazione degli sprechi.

L’economia circolare è la soluzione emergente per la transizione verso un futuro migliore, la sostenibilità con la finanza al centro: la fine dei rifiuti.

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Un lavoratore di Entocycle, una società che sviluppa tecnologie per coltivare insetti su larga scala per la produzione industriale di proteine come alternativa più sostenibile alla carne, controlla le mosche in una camera di rete sperimentale a Londra, Regno Unito. Indossa una maschera mentre il pavimento è coperto di materiale di scarto in decomposizione per incitare le mosche a deporre le uova.

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Una gru a pinza scarica rifiuti in un silo nella camera di raccolta dell’impianto di termovalorizzazione Amager Bakke di Copenaghen, in Danimarca. L’impianto brucia i rifiuti a una velocità di 70 tonnellate all’ora per generare elettricità.

Shot with GFX 100 and GF32-64mmF4 R LM WR

La fibra di lana appena riciclata viene fatta asciugare in una struttura tessile a Prato, in Italia. Una particolare tecnica di triturazione a umido viene utilizzata per spellare la lana e trasformare gli stracci in fibra che può quindi essere filata nuovamente per produrre tessuti pregiati. I vestiti scartati sono fonte di inquinamento in tutto il mondo. Prato è stata a lungo un modello di innovazione nel settore tessile, avendo storicamente basato la sua fortuna industriale sul riutilizzo di abiti usati da tutto il mondo.

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Una struttura di agricoltura verticale a Newark, New Jersey, USA, in grado di produrre ortaggi freschi utilizzando il 5% dell’acqua normalmente necessaria in un campo all’aperto. I semi vengono deposti su un tessuto costituito da bottiglie di plastica riciclata al 100% e vengono oscurati dal basso, in un sistema chiuso che non richiede pesticidi.

Shot with GFX 100 and GF32-64mmF4 R LM WR

Il clima secco del deserto in Arizona, negli Stati Uniti, aiuta a prevenire la corrosione e i danni meteorologici agli aeromobili depositati nel 309° gruppo di manutenzione e rigenerazione aerospaziale di Tucson. “The Boneyard” gestisce quasi 4.400 aerei dismessi, smantellandoli e riutilizzandone delle parti o riassemblando interi aerei per rimetterli in servizio.